La Torre delle Giavine

Arrivando dal basso è immediata l’apparizione, in alto a nord sopra il paese di Boccioleto del curioso sperone roccioso della Torre delle Giavine.
Un monolito, unico blocco di roccia, severa sentinella del paese, orgoglio e gloria per i sottostanti Boccioletesi, meraviglia tra le dieci meraviglie della Valsesia.


I cioti del Fenera, 
Gl'àlp d'in Mera, 
El Pont d'Agnona, 
El fó d'Quarona 
El pont d'la Gola (Gula)
I làres d'la Prapola (Val Meggiana)
El làgh dal Sèli (Baranca)
La Tór ed Biciulèj 
El campanìn da Cèj



La sua altezza non può passare inosservata e immediatamente ci si domanda, come ha potuto sopravvivere nei millenni, scosse di terremoto, ghiacci, venti, quel complesso di agenti atmosferici che lentamente hanno intaccano il nostro pianeta.

Gloria per i Boccioletesi che nel settembre del 1933 issarono la bandiera sulla sua cupoletta, dopo audace attraversata aerea.

Misura a valle 90 m. di altezza e 75 a monte.
Sotto la cima ha un terrazzo alberato denominato "Il Giardinetto".
Questo sperone ha costituito motivo di competizione per la sua conquista. 
Ritenuto inaccessibile da don Luigi Ravelli (ha i fianchi assolutamente lisci, anzi strapiombanti...per cui non è il caso di provarne la scalata...,così scriveva nel 1924 nella sua guida Valsesia e Monte Rosa), fu scalata, in modo abbastanza inconsueto, da quattro boccioletesi: V.Preti, A.Pianta, E.Robichon, E.Conti.
Dopo due anni di tentativi, nel 1933, lanciando e ancorando una fune in acciaio tra la torre ed il piano affianco, “pian di sulèj” la  raggiungono in traversata con una carrucola. 
Nel 1935 gli accademici milanesi Castiglioni e Negri riescono a vincerla alpinisticamente per la parete est, ascensione che diventerà poi la via normale.
Poi è tutto un susseguirsi di scalate da ogni lato, tanto che ora è diventata un’importante palestra di roccia.



Visitiamo Boccioleto - seconda parte

I resti del vecchio ponte, ancora presenti sotto il nuovo, testimoniano l'antico percorso, prima affiancando la cappella della Madonna dell’Addolorata e poi superando il chiesuolo di San Quirico e Giuditta, che ha dato il nome al ponte.

Superato il ponte, alla sinistra la parte bassa dell’Albergo della Fenice, si giunge alla curva del Baraggiolo, quando transitavano mezzi pesanti carichi di legnami, ai giorni nostri sono rari, per i bimbi il divertimento era assicurato osservando le difficili manovre per compiere la curva, il muro della casa n’è testimone.
Dopo la curva si supera la parte alta dell’Albergo della Fenice e si giunge davanti alla chiesa parrocchiale di S.Pietro e Paolo.
Era il 1836, quando le cinque campane del campanile fecero i primi rintocchi.
L'arco trionfale che immette sul sagrato
Qui arrivati, alla destra, prima di superare il Campanile si entra in Boccioleto per la principale Via Zali, per giungere immediatamente all’interno della piazza.
Durante la ristrutturazione degli anni ”50”, la pavimentazione della piazza e come tutto l’attraversamento del paese, fu rivestita con cubetti di porfido, che andò a sostituire i vecchi ciottoli o in gergo “teste di gatto”.
Sul lato destro, sotto l’esistente terrazza, esisteva una fontana, rimossa durante i lavori di ammodernamento.

Alla destra della piazza, un vicolo in salita, conduce al borgo del Cortalivo, con le sue raccolte abitazioni.

Al tempo della ristrutturazione al centro della piazza era stata collocata una fontana, ora rimossa e sistemata nella nuova area del campo sportivo.

Dalla piazza con ripida salita, si giunge alla piazzetta che preannuncia la parte pianeggiante del paese.

Questo tratto di strada e oltre la piazzetta fino alla casa Parrocchiale è affiancato dai “Porghi”, percorso pedonabile coperto dalle case sovrastanti, disseminato dalle entrate di cantine o “trune”, piccole stalle che in tempi passati ospitavano nei periodi invernali" un paio di vacche, latte, burro e formaggio erano cibi essenziali per il mantenimento dei nuclei famigliari.
In estate le vacche venivano condotte nei pascoli degli alpeggi.


Di grande effetto la recente illuminazione, luci che variano a intermittenza dal rosso al giallo, verde, fucsia

arrivederci alla terza parte

Riva Valdobbia

Riva Valdobbia, 1112 m s.m., insediamento Walser del secolo XIII, alla testata della Val Grande, pochi chilometri prima di giungere ad Alagna.

Riva Valdobbia, 1112 m s.m.,paese di origine walser, alla testata della Val Grande, pochi chilometri prima di giungere ad Alagna.

Anticamente chiamato Presmell (pietre gemelle), per via di due grosse pietre molto simili e visibili appena fuori dell'abitato.

Il nome Riva, invece, deriva dal sito del paese, sopra la riva.

Al centro del paese la splendida chiesa in stile gotico, dedicata a San Michele, edificata a metà Settecento su una esistente chiesa del sec. XVI, di cui restano campanile e facciata.

Sulla facciata la rappresentazione del Giudizio Universale, dichiarato monumento nazionale, dipinto di Melchiorre D’Enrico di Alagna, artista valsesiano del XVI secolo.

In basso a destra del dipinto la scritta: Melchior De Enricis de Alanea pinxit anno 1597; mentre sulla sinistra : Joannes Avondi temporum iniuriis reparavit anno 1810, altro artista valsesiano.



MeteoRivaValdobbia- 25 febbraio 2013
Case Walser di Riva Valdobbia
Dalla piazzetta di fronte alla chiesa lo spettacolo del Monte Rosa, da Alagna non lo si può vedere, nascosto dal Corno di Stofful.

Madonna del Gabbio

All'entrata di Carcoforo, al di là del ponte che scavalca il torrente Egua, la graziosa chiesetta della "Madonna del Gabbio".
Racconta la leggenda che pastori trovarono una Madonnina e decisero di portarla a valle in un sacco.
Arrivati a Carcoforo, in località Gabbio, deposero il sacco per riposare, ma, al momento di riprendere il cammino, il sacco divenne così pesante da non riuscire più a sollevarlo. 
I pastori, decisero di costruire sul luogo una piccola cappella per deporre la Madonna.
La cappella nel 1700 fu distrutta da una terribile alluvione, la Madonnina per miracolo non fu travolta dalla furia delle acque e rimase al suo posto.
Gli abitanti di Carcoforo costruirono la chiesetta che ancora oggi si può ammirare.

L'oratorio di San Lorenzo

L'oratorio di San Lorenzo, si trova all'Alpe Seccio a 1380 m.s.l. in Val Cavaione, valle laterale di Boccioleto.
Si arriva con una mulattiera tra boschi di faggi fino a raggiungere i pascoli dell'alpeggio. 
Custodisce al suo interno  affreschi, eseguiti da un ignoto pittore della metà del XV secolo.

Il campanile di Boccioleto


La sua croce sopra il tetto, tocca il cielo tanto è alto, squadrato, una roccia, un gigante.

Per noi del paese, il campanile più caro e più bello.

Un mucchio di sassi hanno portato per farlo così grande.

Ai suoi piedi una volta c’era un orto, cresceva l’insalata, porri, cipolle, un rosmarino.

In un angolo mettevano il letame, una vecchia gerla.

Un lillà faceva ombra, profumava l’aria assieme ad un gelsomino.

Non c’è più quel quadro dipinto con tanto amore, tutto l’universo, il mondo, aveva colorato, quel grande pittore.

Al suo fianco, la nostra bella, cara, chiesa, come una mamma che trema per suo figlio, lo guarda, prega, ha paura…...è ansiosa, ascolta il suono delle sue campane, il suo cuore che batte.

Allegre suonano accompagnando all’altare una bella sposa.

Triste il suono per chi se ne va, non torna più indietro, lascia questa cara valle, per sempre, riposa.

Suona per i bambini che vanno a scuola a studiare.

Forte suonava il campanone, annunciando che era finita la guerra.

La nostra mamma di gioia, non più di dolore piangeva.

A Oromezzano stavano pulendo i prati e zappando i campi, i suoi figli erano fuggiti dai tedeschi, erano ritornati a casa, il campanone suonava……..

Suona l’Angelus, il paese si addormenta, tutto è tranquillo, spunta la Luna, si abbassa, le va vicino, lo accarezza di vergogna, scappa in fretta, si nasconde dietro ad una nuvola, piano….. piano sparisce senza più farsi vedere dietro la cresta del Mil.

Le stelle attaccate su nel cielo, come tanti lanternini, gelose le mandano giù un’infinità di baci.

Il campanile si appisola tra un tocco e l’altro e fa una dormitina, si sveglia puntuale per suonare l’Ave Maria.

Caro gigante, tutto di sassi, dall’anima buona, per chi sta vicino, per chi ogni anno torna, fa sempre sentire la tua bella voce….suona…., è un concerto che deve continuare, mai finire.

In coro tutte le tue campane, continua a suonare, quel canto che va in aria portato dal vento.

Fino a quando siamo qui, facci contenti, facci sognare, domani vogliamo sentirlo ancora nel firmamento.

Tapella Germain

Valsesia, la valle più verde d'Italia


La Valsesia è il verde dei boschi che si specchia nelle acque del Sesia, la maestosità del Rosa fino a toccare il cielo, la gente che anima la vallata, le tradizioni, le innumerevoli testimonianze della fede, dal Sacro Monte di Varallo per culminare all' Oratorio di San Lorenzo all'alpe Seccio

Museo Valser di Alagna
Il territorio della Valsesia inizia dopo Romagnano, seguendo il fiume Sesia si estende alle pendici del monte Rosa, confine con la Valle del Lys e la valle Anzasca.
Centro della valle "Varallo".
L'alta Valsesia si divide in tre valli : Val Grande, Val Sermenza e Val Mastallone.

Il Monte Rosa da Balocco